Un Maestro dà lezioni di italiano ad un gruppo
di immigrati, ma deve fare i conti
con permessi di soggiorno e diversità etniche,
assediato dalla propria incapacità
di far fronte alla situazione...
Gaglianone affonda il piede nell'acceleratore
della sua coscienza politica di fare cinema.
Dopo i pregevoli I Nostri Anni, Nemmeno il Destino e
Ruggine. Mette in scena aiutato da Valerio Mastandrea
dell'apocalisse morale che sono le leggi
che regolano l'immigrazione in Italia. La tristezza
del personaggio di Mastandrea è pari
solo all'incapacità dello stesso di reggere la vacuità
del suo ruolo, l'insegnante di italiano
ad un gruppo di immigrati. Un docu-film che rinuncia
ad un procedere narrativo convenzionale,
e predilige un approccio empatico, umanizzante,
palesemente di buon senso. Lo spettatore
in breve si sente partecipe e solidale con il gruppo,
aldilà dello sviluppo narrativo. Dove finisce la finzione,
al limite della diegesi, inizia la realtà e viceversa, senza fine di continuità. Già
dall'incipit del film si vede che non c'è futuro, ne per gli
studenti ne per l'insegnante. Perché se da una parte gli
immigrati hanno la spada di Damocle del permesso di
soggiorno, l'insegnante senza studenti che cosa é ?
Tutto lo sviluppo della narrazione ci riporta ai valori
primari dell'esistere su questo pianeta,
dove in teoria non ci sono ne frontiere ne razze. Solo
necessità di sopravvivere in maniera dignitosa. La Mia
Classe, nel suo piccolo mette in risalto proprio questo.
Esseri umani, delimitati da leggi e regole che non hanno
niente a che fare con l'umano, con la solidarietà, con il diritto
alla vita.
5 Stelle